Entrato in Casa Barezzi a dieci anni, Verdi lì ha compiuto tutta la sua prima formazione musicale e affettiva, lì ha composto e fatto conoscere le sue opere giovanili ed è tornato spesso nel corso della sua lunga vita gloriosa.
Quella era infatti la dimora del Signor Antonio Barezzi, il benestante droghiere appassionato di musica, il quale, fondata nel 1816 la Società Filarmonica Bussetana, aveva fatto del suo Salone la sede delle prove e delle esibizioni del folto gruppo di dilettanti che la componeva. Esperto di cinque strumenti, e del flauto in particolare, Barezzi è senza dubbio lo scopritore del talento musicale di quel ragazzetto, figlio dell’oste delle Roncole, di cui presto diviene il mecenate col mantenerlo agli studi triennali milanesi e poi l’amato suocero dopo il matrimonio con la figlia Margherita.
La lapide sulla facciata, dettata da Arrigo Boito nel 1913, bene riassume tale generosa personalità: Antonio Barezzi / di Busseto / comprese il genio incoraggiò i cimenti / presagì la gloria / di Giuseppe Verdi / Benedisse il connubio / della propria figliola Margherita / con l’artista povero e ignoto / Il fiero maestro / lo venerò come padre / lo riconobbe sempre con devota umiltà / il suo benefattore.
Verdi stesso confessò nel 1867, alla morte di Barezzi, in una lettera alla contessa Maffei: “Voi sapete che a lui devo tutto, tutto, tutto. Ed a lui solo”.
Casa Barezzi è ora un museo ricco di suggestive memorie e di straordinari cimeli verdiani.
Il Salone conserva intatto l’arredamento originale. Vi spicca per importanza il pianoforte su cui il Maestro suonò durante l’agonia di Barezzi, le cui ultime parole furono: “Il mio Verdi, il mio Verdi”.
Nelle sale adiacenti sono esposti preziosi autografi e una documentazione iconografica d’epoca che ripercorre la carriera del Maestro dalla giovinezza in Casa Barezzi all’apoteosi della morte, attraverso ritratti suoi e dei suoi interpreti.
Tra gli autografi la lettera di dedica del Macbeth a Barezzi “e padre e benefattore ed amico… testimonianza della memoria eterna, della gratitudine e dell’affetto… del suo aff. G. Verdi”; e l’appello patriottico scritto nel 1859 durante la II guerra d’indipendenza per proporre “una sottoscrizione a favore dei feriti e delle famiglie povere di coloro che morirono per la patria”.
Tra i ritratti il primo in assoluto del Maestro disegnato all’epoca del matrimonio con Margherita è quello vivissimo e fiero che gli fece Francesco Paolo Michetti nel 1887. Di Giuseppina Strepponi sono il ritratto di quando, giovanissima, cantava a Vienna (1835) e diverse testimonianze anche autografe della sua fama.
La presenza di Arturo Toscanini e di Riccardo Muti a Busseto è documentata fra l’altro dalle loro bacchette usate nella direzione di Falstaff (1926 e 2001), alle quali si sono affiancate quelle di numerosi altri direttori d’orchestra.
L’intero arredo del Salone e gran parte del materiale presente nella sezione espositiva proviene dalla donazione del grand’Uff. Gianfranco Stefanini, mentre l’immobile, di proprietà del Monte dei Paschi di Siena, è stato concesso in comodato con viva e generosa sensibilità culturale all’Associazione Amici di Verdi, che ne fa anche la sede di concerti e conferenze.
L’associazione conta iscritti in ogni parte del mondo. Suo scopo statutario è la diffusione della cultura e dello spirito verdiano. Organizza concerti e conferenze nello storico Salone di Casa Barezzi.
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